Solo un avviso: la bellezza dell’Avana vi potrebbe cogliere impreparati. Ve l’aspettereste all’arrivo, scesi dall’aereo, freschi magari di qualche paesaggio tropicale visto sulla rivista di volo. Invece, spesso, vi sorprende al ritorno.
Mentre, in attesa di un taxi, vi soffermate a guardare l’ennesimo murales o quando, dirigendovi verso il terminal, scovate sopra la vostra testa, come cioccolatini dimenticati in un cassetto, delle nuvole rosa, che punteggiano qua e là, all’ora del tramonto, un cielo ceruleo, quasi che a dipingerle fosse stato un artista di Calle Obispo.
Sulla terrazza della Moneda Cubana si mangia dell’ottimo pesce; si tratta di uno dei tanti paladar che ha una bella vista sul morro. Su Cuba avevo sentito pareri contrastanti: c’è chi la adora dal primo istante e chi, invece, rimane confuso dal paragone con qualche immagine da cartolina (stereotipata). Ma la Isla Grande non è (decisamente) solo questo. La sua non è un’immagine patinata: l’Isla ha fascino da vendere e te lo ricorda di continuo.
Intendiamoci, non quello ordinato delle anglosassoni casette giorgiane o delle aiuole che puntellano ogni angolo di strada, ma quello scompigliato della chioma delle palme reali, punite, secondo la secolare leggenda, per la loro superbia, o quello sgargiante delle berline d’epoca che sfrecciano sul Malecon, o, ancora, dei costumi bianchi e rossi della santeria… delle piume e delle paillettes delle ballerine del cabaret Tropicana.
Non mi sono fermata nella prima e più importante città. Sono scesa verso i cayos, quelle lingue di terra che si tuffano nel mare. Come sono stati creati non si sa (o, più semplicemente, non è così importante), ma sembrano essere stati messi lì appositamente per noi, e per i nostri bagni e per il “nostro” sole.
E mentre vedi veleggiare l’orizzonte di kite-surf e ti godi la sabbia, pensi che, in fondo, anche l’uomo è fatto per stare qui… come il buon selvaggio di Rousseau. Poi c’è Camaguey, col suo bel centro storico e i sorrisi dei bambini che escono da scuola; tutto ti riporta a un tempo più concreto, ancora scandito da un campanile e non, solamente, da un servizio di messaggistica istantanea. Mangia, prega, ama? Forse. Ma, soprattutto, viaggia e fatti travolgere da un colpo di fulmine chiamato Havana.